sez. VI. Giostre, tornei e palî nell’Umbria pontificia

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Di “finti combattimenti di due cavalieri vegnenti l’uno contro l’altro con cavallo e lancia in resta, e da noi chiamati giostre” sono ricche le cronache di Città di Castello, Gubbio, Perugia, Foligno, Spoleto, Narni, Terni, Orvieto. Con presenze più o meno fitte e ripetute, tali giostre coprono i secoli dal XII al XVI imprimendo un tono di elevatezza cavalleresca alle interne vicende politiche, militari, religiose o comunque celebrative e festive delle città umbre. Tra Cinquecento e Seicento i giochi che da sempre hanno fatto riferimento quasi esclusivo alla celebrazione santorale - palî, anelli, quintane, uniti alle cacce taurine, ai giochi con le balestre e con gli archi, alle corse delle meretrici, alle sassaiole e alle battaglie con i pugni - completano la parabola discendendo verso la desuetudine o si separano gli uni dagli altri. L’esempio più clamoroso è dato, a Foligno e a Perugia, dal palio e dalla quintana: il primo perdura all’interno dell’orizzonte festivo dei santi, la seconda diventa il gioco principe in tempo di carnevale.